“st art. L’arte per tutti” presenta “Scent of Pop” di Ludmilla Radchenko
In mostra fino all'8 luglio nel Mondadori Megastore di piazza Duomo a Milano
È Ludmilla Radchenko la protagonista di “Scent of Pop”, mostra della nuova serie dedicata al pop di “st art. L’arte per tutti”, il progetto di Mondadori Store curato da Angelo Crespi con l’idea di rendere accessibile l’arte e i suoi protagonisti. Il pop nelle sue varie declinazioni è il perno attorno a cui ruota questa nuova serie e nella mostra “Scent of Pop” — che verrà inaugurata giovedì 31 maggio alle ore 18.30 nello spazio eventi Mondadori Megastore di Piazza Duomo a Milano — è la “metasensorialità” olfattiva il fil rouge. Le opere in mostra rivelano la sacralità del mondo pop, con pezzi iconici che divengono il mezzo per coinvolgere i sensi attraverso la più squisita “essenza” di tale realtà: “Scent of Pop”.
Per Angelo Crespi, la domanda che accomuna e accompagna le opere in mostra è: “Il pop ha un profumo? Certo quello della contemporaneità stretta, perché tra tutte le declinazioni dell’arte visiva è quello che meglio definisce e si esalta dentro i meccanismi della comunicazione moderna, li genera, li cavalca, talvolta ne usura le icone e i marchi, rare volte riesce ad alimentarne in modo definitivo la riconoscibilità, la popolarità. Accade, per esempio, con Marilyn (Monroe): da principio è il grimaldello che usa Warhol per dare un facile notorietà alle sue serigrafie, ma oggi a cinquant’anni di distanza, dimenticato il cinema in bianco e nero, il mito della star di Hollywood arriva alle giovani generazioni filtrato, se non unicamente passando attraverso il lavoro dell’artista americano o degli epigoni che incessantemente, come i pittori ortodossi di icone, hanno ripetuto pregando la sacra icona.
Così Marylin ci giunge scarnificata nella sua essenza, ma sublimata metafisicamente, quasi fosse una madonna “acheropita”, non dipinta da mano umana, semmai capace di impressionare da sola la tela per intervento divino. E dunque il pop ha un profumo sacro, non di incenso, di qualcosa di simile che si spande e fa salire al cielo, nell’iper uranio, ciò che resta dei corpi immolati alla divinità, spesso solo le etichette, i marchi, al massimo quando si è molto fortunati, i brand. Ecco il segreto del pop – continua il curatore “ciò che anche Ludmilla Radchenko svela nella sua immillata riproposizione di Marilyn, o quando, scorticando il ‘label’ gioca con il profumo, il Channel, che non è più l’olezzante essenza del più famoso marchio del lusso mondiale, bensì un ‘canale’, oppure italianizzando un ‘cane’. E allo stesso modo, la zuppa Campbell di warholiana memoria, rivista all’ennesima potenza, bordeggiando ovviamente Piero Manzoni, diventa una ‘bio bull shit’ in edizione limited, che trascina con sé tutta la forza del concettuale e del dada sprofondandoli in una dimensione super pop e dunque, seppur parificante, agreable e non più urticante. Ecco la forza del pop by Ludmilla, a sua volta una creatura sublime dello stesso pop di cui è interprete, traghettata dalla gelida Siberia fin dentro i gangli televisivi del mid cult, e poi diventata artista per antica vocazione che dipinge ciò che la comunicazione di massa vorrebbe vendere o televendere, per esempio la madonna, in verità una venere botticelliana che indossa scarpe da ginnastica ed esclama implorante ‘God save my shoes’”.